Devastante amore mio.

 La prima volta è stata a febbraio dello scorso anno, lo ricordi amore mio?

Sara, tua sorella, ci aveva invitato a cena.

Eravamo in ritardo, come spesso ci succedeva.

” Hai visto le chiavi dell’auto” mi hai chiesto.

” No, saranno lì al solito posto”

“Non ci sono!” hai risposto seccato.

Hai scoperto poi di averle in mano.

E’ stata solo una sciocchezza. A chi non succede di credere di smarrire qualcosa e poi si accorge

di averlo lì,

proprio sotto il naso.

Alla cena di Sara eri scostante, teso, nervoso.

Rientrati a casa mi hai abbracciato goffamente, mi hai baciato, abbiamo fatto l’amore.

Un amore inutile, senza passione.

Quanto è strano, ho pensato.

Nei mesi a seguire ho notato qualche piccolo episodio particolare, senza dare troppo peso.

Ma ho visto un altro te.

Pensavo fossi stanco, sai, il lavoro la routine quotidiana….succede.

Nei mesi a seguire hai iniziato ad accusarmi di rubarti le cose…

I tuoi occhi mi spaventavano.

Avevi nello sguardo un qualcosa di cattivo che non riuscivo a spiegarmi.

Dopo le sfuriate ti calmavi improvvisamente e cercavamo insieme i tuoi oggetti, trovandoli sempre al

solito posto.

Ti buttavi poi sul divano, guardando fissamente il nulla, diverso, estraneo a tutto ciò che ti apparteneva o

che ti era appartenuto. Fragile, come un bimbo.

Avrei voluto abbracciarti, ma spaventata dal tuo essere diverso dal mio amore conosciuto, stavo lì a

guardare il disfacimento di noi due.

Noi due siamo stati uno. Una volta.

Erano trascorsi alcuni mesi e noi eravamo di nuovo uno.

Avevo apparecchiato la tavola in modo carino , preparato un delizioso risotto ai funghi, quello che tu

adoravi…

Seduti accanto , raccontavi aneddoti di alcuni fatti accaduti in classe.

Eri un ottimo insegnante, grande amico dei tuoi studenti.

Noi non abbiamo avuto figli.

In passato abbiamo tentato tante cure, ma con scarsi risultati.

Tu hai riversato sui tuoi ragazzi il tuo grande amore di una mancata paternità.

Mi sono sentita sempre un po’ colpevole.

Io ho preso un cane.

” Mi passi il…” mi indicavi una zona della tavola che comprendeva una serie di oggetti…

” Mi passi il…”

Cosa..? cosa..? ti chiedeva il mio sguardo…

Di nuovo i tuoi occhi cattivi.

” Mi passi il…” urlavi.

Co…sa…il pane, il vino, il burro, il formaggio? co…sa..

Cercavo di capire cosa ti servisse, e indicandoti qualcosa, speravo fosse quello.

Improvvisamente ti sei alzato come una furia trascinando via tutto e, battendoti le mani sulla testa,

hai cominciato a scuoterla,

 ad urlare un disperato e sconosciuto bisogno di capire cosa stesse succedendo, schiavo di un

furore che tuo malgrado ti aveva rivestito.

Stavo con le spalle al muro, gli occhi spalancati, la bocca aperta a prendere respiro.

Svuotata nella mente e nel cuore.

Poi, di colpo,  il silenzio.

Mi afflosciai a terra.

Ti afflosciasti a terra.

Tra le stoviglie rotte e i chicchi di riso e funghi.

In una mano stringevi il contenitore del sale.

Piangevi.

Come un bambino.

Siamo restati lì , sospesi dentro il nostro disperato dolore.

Ormai era sera.  Avevo bisogno d’aria, presa la borsa sono uscita per strada.

Tu dormicchiavi sul divano.

Avevi un tenero sorriso sul volto.

Innocentemente sereno.

Ho camminato a lungo, senza una meta precisa e, a poco a poco, la mia paura di capire diventava

certezza.

E’ molto tardi quando rientro.

Ti trovo lì, nella penombra della sala, lo sguardo assente, le spalle abbassate, le mani sul grembo.

Ho voglia di piangere.

” Come stai, amore mio” ti dico piano mentre ti siedo accanto.

Di nuovo il tuo sguardo cattivo.

” Dove sei stata? ” mi urli addosso.

” Ho camminato…” non sento la mia voce…

” Puttana ! Sei una puttana ! Sei andata a farti sbattere da uno più bravo di me ? “

Urli, come un forsennato, la vena sulle tempie sembra esplodere.

Mi prendi per le spalle e mi sbatti sul tappeto.

Non sei tu quello che mi strappa i vestiti,  mi trascina per i capelli e mi penetra dentro urlandomi addosso

parole mai venute fuori dalla tua bocca….

E non servono  a nulla le mie urla di dolore, il mio scalciare,  le mie lacrime ,fino a che la bestia che ti è

cresciuta dentro non si sarà placata e sarà fuori da me lasciandomi lì, sfinita, devastata

nella mente e nel cuore.

Per sempre.

La Residenza Sanitaria sta vicino al mare.

Vedo che mi sorridi vedendomi arrivare.

Forse oggi mi riconoscerai.

Preparo il mio sorriso.

” Ciao  Marco, come va? “

 ” Mi hai portato la cioccolata?”

 ” Certo ! Eccola !…ora mi dai un bacino?

” Si   “.


12 risposte a "Devastante amore mio."

  1. Brava Lucia
    Nella tua breve storia hai saputo raccontare un dramma che purtroppo afflige moltre persone.
    La storia è intensa e ricca di significati. Quei significati che ci fanno riflettere e ci fanno capire quanto la vita sia sofferenza.
    Certo non potremmo mai restare impassibili davanti a questi eventi ma anche attraverso il dolore possiamo allargare la nostra esperienza per dare un senso alla nostra vita e per non credere che tutto sia perduto. Infatti proprio alla fine si percepisce un tentativo di recupero…..
    Ti mando un bacio
    Laura

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  2. Credo di riconoscere i sintomi e dare un nome a quella “Bestia” che si è impossessata e portata via l’amore, la dignità, l’intelligenza, la vita reale, le cose comuni, i gesti consueti, persino la parola. Disconnessione dalla memoria e si rimane soli divisi dall’abisso. Uno da una parte oramai nel limbo… l’altro (gli altri) dall’altra imparando momento per momento ad adattarsi alla tragedia che s’insinua formando in seguito piaghe da decubito. Un abbraccio solidale da chi ha vissuto, amato e perso la battaglia contro quell’ intruso che uno dopo l’altro spegne consecutivamente gli interruttori di una vita ed insieme a quella di tutte le vite che gravitano intorno come satelliti nello spazio infinito.

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